Malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. Presentata “Mi sta a cuore”, Indagine di Cittadinanzattiva
Sette milioni e mezzo le persone cardiopatiche nel nostro Paese, ovvero oltre il 12% della popolazione. Di questi, oltre tre milioni sono scompensati. Oltre il 40% delle morti per malattia sono causate da patologie cardiache e il 10% è dovuto a morte cardiaca improvvisa.
Per ciò che concerne le patologie cerebrovascolari, l’ictus cerebrale rappresenta la prima causa di invalidità nel mondo, la seconda causa di demenza e la terza causa di mortalità nei paesi occidentali. In Italia ogni anno si registrano poco meno di 200 mila casi di ictus, dei quali circa un terzo porta al decesso nell’arco di un anno e circa un terzo ad invalidità seria. Dunque quasi un milione nel nostro Paese convive con gli effetti invalidanti di un ictus.
Le segnalazioni dei cittadini al servizio di consulenza informazione e tutela PIT salute del Tribunale per i diritti del malato, mostrano che le principali problematiche nelle cure e servizi per le patologie cardio e cerebro vascolari, riguardano: le lunghe liste di attesa per esami diagnostici (l’area cardiologica raccoglie il 9,8% delle segnalazioni di lunghi tempi di attesa, dopo la radiologia – 24%, l’oncologia – 17,5%, – la ginecologia – 13,6%), le liste di attesa per visite specialistiche cardiologiche (25% del totale, preceduta solo dall’area oculistica al 25,6%); le difficoltà inerenti l’assistenza territoriale; le difficoltà in ambito ospedaliero, visto che l’8% dei cittadini con patologie neurologiche e il 7,6% di chi ha problemi cardiologici segnalano dismissioni premature e difficoltà nella presa in carico; difficoltà di accesso ai farmaci (costi, ostacoli burocratici ed amministrativi per accesso a farmaci di fascia H o PHT-A ed ai piani terapeutici).
Rispetto a quest’ultimo aspetto, ad esempio, i cardiologi ospedalieri segnalano che per i nuovi anticoagulanti orali (NAO), disponibili dall’estate 2013, esistono difficoltà relative ai tempi di compilazione del piano terapeutico informatizzato (circa 25 minuti).
Da queste premesse nasce l’indagine “Mi sta a cuore”, presentata oggi presso la Camera dei deputati da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, al fine di approfondire le modalità con cui alcune Regioni ed Asl stanno implementando le reti per la prevenzione, la cura e la presa in carico dei pazienti con patologie cardiovascolari e cerebrovascolari.
All’indagine, che rappresenta una raccolta di contributi ed esperienze locali, hanno partecipato 16 aziende sanitarie locali e ospedaliere: ASP Agrigento, AO Provincia di Bergamo, ASL di Cagliari e AO Brotzu di Cagliari, AO S. Anna e San Sebastiano di Caserta, Asl di Frosinone, Asl di Lecce, AO Provincia di Lecco, USL 2 di Lucca, ULSS 13 Mirano (VE), AO Bianchi Melacrino di Reggio Calabria, ASL Roma D e AO di San Camillo Forlanini, ASL di Roma E, Asl Roma H, AO Provincia di Varese.
Inoltre, sono stati intervistati gli Assessorati alla Salute delle Regioni Basilicata, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Veneto.
Hanno fornito spunti e riflessioni anche rappresentanti dei professionisti sanitari e delle Associazioni di pazienti: Conacuore Onlus, Alice Onlus, AMD, CARD, SIPREC, SIDV.
Il progetto è stato realizzato con il contributo non condizionato di Boehringer Ingelheim.
“Le informazioni dell’indagine mostrano la necessità di un Piano nazionale di programmazione degli interventi socio-sanitari nell’area dell’assistenza cardio e cerebro vascolare, che nasca dal lavoro congiunto dei diversi stakeholder, organizzazioni di cittadini e pazienti comprese, per dare uniformità ai diritti dei cittadini, garantendo un uguale accesso alle cure sui territori regionali e locali e “livellando al rialzo” il grado di qualità e sicurezza degli interventi” dichiara Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. “E’ prioritario in questo momento il coordinamento di tutte le azioni che riguardano l’assistenza dentro e fuori l’ospedale: nella prevenzione, nell’emergenza-urgenza, nelle acuzie, nella continuità assistenziale del passaggio territorio-ospedale-territorio, nella riabilitazione, nell’educazione ed empowerment dei cittadini.
E in questo la definizione e implementazione di Percorsi diagnostici terapeutici nazionali (PDTA) di matrice nazionale rappresentano un risposta efficace per tutti: Regioni, ASL, cittadini e professionisti.
Tutto ciò permetterebbe di fornire risposte strutturate alle criticità del sistema, come ad esempio la carenza e la inadeguata distribuzione sul territorio nazionale delle Stroke Unit..“
Le reti
Lo sviluppo delle reti cardiovascolare e cerebrovascolare nei territori regionali presenta gradi di “maturità” diversi, che incidono sui modelli organizzativi e sulla capacità di rispondere ai bisogni effettivi delle persone. Talvolta le differenze sono tali non solo tra Regioni, ma anche tra territori di una stessa Regione. Alcune Regioni hanno iniziato molti anni addietro ad attivare ed organizzare le reti cardiovascolari e cerebrovascolari (per es. Emilia Romagna, Veneto, Toscana) altre Regioni (come Puglia, Lazio, Sicilia) si sono messe in marcia più lentamente. Si sottolinea inoltre che mentre la rete cardiovascolare è un modello che si è sviluppato nel tempo (la prima regione a definire un modello organizzativo per rete è l’Emilia Romagna, piano regionale 1999-2001), quindi più maturo, la rete cerebrovascolare è invece un modello organizzativo relativamente giovane. Basti pensare che le prime linee guida nazionali sulla rete dell’Ictus sono state pubblicate nel 2005.
E ancora, sempre sul versante cerebrovascolare, esiste una disomogenea distribuzione delle stroke unit (centri di cura per l’ictus in emergenza), con una penalizzazione forte nelle regioni del Sud. Le associazioni di pazienti infatti denunciano che a fronte di un fabbisogno stimato nel nostro Paese di oltre 300 Unità Cerebrovascolari (una ogni 200.000 abitanti), ne sono operative circa 160, l’80% delle quali ubicate nelle Regioni del settentrione d’Italia (nessuna Unità nel territorio di Napoli).
Una buona risposta emerge da parte di Regioni quali Valle D’Aosta (1 centro per 120mila abitanti, ossia 166% di copertura della domanda), Umbria (120%), Liguria (120%), Veneto (102%). La copertura invece non raggiunge il 40% in Sardegna (37,5%), Trentino (37%), Basilicata (33%), Calabria (30%), Sicilia (24%), Lazio (22%) e Campania (10,5%).
Emergenza urgenza
In caso di emergenze, come ad esempio per infarto o ictus, è fondamentale la capacità di effettuare una diagnosi tempestiva e condurre il paziente nella struttura più idonea.
Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Basilicata, Puglia, Sicilia hanno emanato atti o linee guida affinché i mezzi di soccorso conducano il paziente alla struttura più idonea per competenza, anziché a quella più vicina. Calabria, Campania e Sardegna optano invece per il trasporto della persona nella “struttura più vicina” che presenti un “punto” di emergenza.
Nel Lazio esistono decreti sulle reti di specialità, in Lombardia sono stati messi a punto schemi diagnostici/percorsi standardizzati.
Inoltre, le aziende ospedaliere e sanitarie del Nord coinvolte nell’indagine hanno avviato protocolli condivisi sulle attività previste per il riconoscimento dei sintomi dell’ictus da parte dei medici di medicina generale, medici di continuità assistenziale, medici e infermieri ospedalieri, personale dei mezzi di soccorso. Nel Lazio invece la situazione è più variegata: alcune realtà, come ad esempio PO Grassi e PO Santo Spirito, hanno istituito il protocollo per i tutti i professionisti sanitari coinvolti, ma non eseguono tutte le attività richieste. Tra le realtà intervistate al Sud, invece, solo la AO Brotzu di Cagliari si è dotata di protocollo scritto, mentre non lo hanno AO Reggio Calabria, AO Caserta, ASL Lecce.
Tutte le aziende e i presidi del nord che hanno partecipato all’indagine eseguono la trombolisi endovenosa, e, laddove le condizioni lo permettano, la riabilitazione già dalle prime ore di degenza. Nel Lazio, stando alle realtà coinvolte, emerge che le aree più periferiche e distanti “dalla Capitale” sono più penalizzate: nel territorio dell’ASL di Frosinone, nella RMH ad esempio non si effettua trombolisi. Inoltre nonostante le delibere regionali e i decreti regionali del 2010 alcuni centri ictus previsti “sulla carta” non sono ancora attivi.
Al Sud le realtà scoperte da questo trattamento risultano più numerose: ad esempio in la AO Reggio Calabria, centro ictus riconosciuto dalla Regione Calabria, non effettua la trombolisi; un paziente residente nel territorio dell’ASP di Agrigento, per avere questo trattamento deve essere trasportato a Palermo (127 km, poco meno di due ore di percorrenza in automobile).
“Siamo convinti che sia necessario organizzare il sistema di trasporto in emergenza privilegiando l’intervento più appropriato e tempestivo al bisogno di salute del cittadino, piuttosto che ancorarlo alla prossimità territoriale. In questo le nuove tecnologie, possono dare un valido contributo”, continua Aceti
Prevenzione
Le interviste alle Regioni mostrano un quadro diverso tra realtà del nord, del centro e del sud. Veneto, Lombardia, Emilia Romagna hanno messo in atto programmi di prevenzione rivolti direttamente alla popolazione, legati alle linee programmatiche nazionali ed ai Piani Sanitari Regionali. In particolare il Veneto ha messo in atto programmi regionali finalizzati alla promozione di stili di vita “salutari”, alla corretta alimentazione ed all’implementazione di attività fisica (anche su bambini e giovani, oltre che anziani). Inoltre ha attivato un programma di prevenzione cardiovascolare primaria sul modello di programma di screening oncologico (2012). Per la Regione Lazio sono state svolte attività di formazione rivolte ai medici di famiglia, cardiologi e infermieri ambulatoriali sull’uso delle carte del rischio. In Basilicata è stato promosso l’utilizzo delle carte del rischio cardiovascolare, attraverso i MMG (copertura parziale del territorio).
Ancora, anche dalle esperienze locali si evidenzia che – tranne in alcune realtà Lucca, Mirano, Lecco che svolgono programmi sul rischio cerebrovascolare – i programmi di prevenzione primaria e secondaria sono prevalentemente rivolti alle patologie cardiovascolari.
Tempi di attesa
Per ciò che concerne i tempi di attesa rilevati nelle 16 aziende sanitarie coinvolte nell’indagine, si riscontra un quadro abbastanza articolato.
Al nord sembra piuttosto consolidato l’uso di gestione dei tempi di attesa per classi di priorità e conseguente rispetto dei tempi. Così anche per le visite successive alla prima, che vengono disposte direttamente dagli ambulatori ospedalieri o aziendali in modo da garantire una certa continuità del percorso.
Vi Sono realtà come la ASL di Cagliari dove i tempi di attesa sono rispettati, si seguono i codici di priorità ed il cittadino può scegliere il medico a cui far riferimento. Si evidenziano difficoltà rispetto all’area angiologia a causa di carenza di personale. Nelle realtà del sud dove vengono utilizzati i codici di priorità (es. ASP Agrigento – visita cardiologica) i tempi per le prime visite sono rispettati. Laddove ciò non avviene, i tempi sforano di molto (es. visita neurologica 80 gg; 150 gg per ecocardiodoppler ed ecocolordoppler).
Tempi di attesa rilevati per ecocardiodoppler in regime pubblico | |
ULSS Mirano | 178 gg (classe di priorità D) |
AO Bergamo | 16 gg |
ASL Roma D | 134 gg – 150 gg |
ASL Roma E | 189 gg |
ASL Roma H | 198 gg + lista chiusa |
ASL Frosinone | 270 gg |
AO S. Camillo Forlanini (Roma) | 372 gg |
ASL Cagliari | 10 – 18 gg |
AO Caserta | 128 gg |
ASP Agrigento (San Giacomo di Altopasso) | 180 gg |
Tempi di attesa rilevati per prima visita cardiologica |
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ULSS 13 Mirano (classe priorita D) | 7 gg | ASL Roma H | 83 (CUP ASL) – 210 (Distretto) gg |
AO Bergamo – Bolognini | 1 gg | ASL Frosinone | 90 gg |
AO Lecco – Merate | 6 gg | AO S. Camillo Forlanini (Roma) | 190 gg |
USL Lucca (classe priorità D) | 10 gg | ASL Lecce | 3 (CUP ASL) – 455 (PO Fazzi) gg |
ASL Roma D | 29 (CUP ASL) – 217 (CUP PO) gg | AO Caserta | 4 gg (Distretto) – 28 (AO) gg |
ASL Roma E | 15 gg | ASP Agrigento (PO San Giacomo di Altopasso) | Codici di priorità/tempi rispettati |
ASL 8 Cagliari | 3 (CUP Area vasta cagliari) – 6 gg (PO) |
Presa in carico-continuità delle cure
Dalla indagine emerge una maturità diversa delle reti regionali nella capacità di offrire/garantire percorsi integrati; si notano esperienze consolidate nel Centro – Nord Est (Emilia Romagna, Toscana, Veneto che promuovono medicina di iniziativa, modelli di assistenza proattiva, etc.). Occorre implementare ulteriormente la continuità delle cure in alcune realtà del Lazio, Calabria, Campania, Basilicata, Sardegna.
In generale, le informazioni raccolte permettono di rilevare: PDTA frammentati e non integrati tra ospedale e territorio; necessità di implementare percorsi di cura e di accesso ai servizi strutturati, in particolar modo per i pazienti più complessi; limiti di accesso a cicli riabilitativi per il trattamenti riabilitativi nelle diverse fasi, da quelle intensive e quindi tempestive, a quella estensive anche per mantenere le abilità residue.
Innovazione
Quattro delle 16 aziende sanitarie e ospedaliere utilizzano il fascicolo sanitario elettronico: si tratta di ASL roma E, Asl 8 di Cagliari, USL 2 di Lucca, ULSS 13 di Mirano. Quest’ultima ha messo a punto anche programmi di telemedicina, telesorveglianza per pazienti con problemi cardiologici e ha messo in rete i 200 medici di medicina generale con gli ambulatori.
http://www.cittadinanzattiva.it/comunicati/salute/politiche-sanitarie/6011-malattie-cardiovascolari-e-cerebrovascolari-presentata-mi-sta-a-cuore-i-indagine-di-cittadinanzattiva.html