Ho partorito e il bambino non piangeva

Una testimonianza toccante quella della madre del bimbo che ormai ha quasi tre anni, nato con gravi lesioni permanenti all’ospedale di Dolo

Processo nel quale il Tribunale del malato della Riviera del Brenta e Miranese si è costituito parte civile.

Superticket. Cittadinanzattiva domani in Senato: “Si passi dalle parole ai fatti”

Superticket. Cittadinanzattiva domani in Senato: “Si passi dalle parole ai fatti”

Per le 35 mila firme raccolte da Cittadinanzattiva sull’abolizione del superticket domani sarà il giorno dell’ufficialità in Senato. La petizione sarà comunicata all’Assemblea di Palazzo Madama, grazie alla disponibilità del presidente Pietro Grasso e della presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia De Biasi. Il coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva: “si passi dalle parole ai fatti”.

14 NOV – “Sull’abrogazione del superticket, è necessario passare dalle parole ai fatti per non deludere le aspettative dei cittadini e rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale”. Lo dice Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva che domani renderà ufficiale in Senato la petizione per l’abolizione del superticket.

Grazie alla disponibilità del presidente Pietro Grasso e della presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia De Biasi, sarà data comunicazione all’Assemblea del Senato della petizione per l’abolizione del superticket. Le 35 mila firme raccolte sono state consegnate da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato la scorsa settimana in occasione dell’audizione sul Ddl Bilancio.

“Ci appelliamo al Parlamento, al Governo e ai diversi schieramenti politici che stanno sostenendo pubblicamente la nostra richiesta, affinché si approvino gli emendamenti presentati alla Legge di Bilancio, per l’abolizione del superticket. Ci auguriamo che anche le Regioni sostengano questa misura – ha continuato Tonino Aceti –  Con l’abrogazione si rilancerebbe concretamente la sanità pubblica eliminando il paradosso che oggi vede, in alcuni casi, il privato più conveniente del servizio pubblico e si darebbe un segnale concreto di attenzione alla salute e ai redditi dei cittadini. L’abolizione gioverebbe anche alle casse del Ssn in quanto – ha concluso il coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva- alcune prestazioni che oggi risultano più convenienti nel privato rientrerebbero nel canale pubblico con relativo gettito da ticket”.

14 novembre 2017

Quotidiano Sanità

http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=55833&fr=n

Ritardo nella diagnosi non è accettabile nemmeno se la malattia è incurabile. Condannato un medico per omicidio colposo

Cassazione. Ritardo nella diagnosi non è accettabile nemmeno se la malattia è incurabile. Condannato un medico per omicidio colposo

Anche prolungare la vita di settimane o di anni grazie a una diagnosi tempestiva è un elemento da prendere in considerazione per la valutazione della responsabilità medica e per questo la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello che scagionava il medico accusato di non aver diagnosticato per tempo una gravissima forma tumorale. LA SENTENZA.

13 NOV – La malattia è incurabile? Non importa: se il medico non l’ha comunque diagnosticata in tempo non può essere assolto.

Anche prolungare la vita di settimane o di anni è un elemento da prendere in considerazione per la valutazione della responsabilità medica e per questo la Corte di Cassazione (IV sezione penale sentenza 50975 dell’8 novembre) ha annullato la sentenza della Corte di Appello che scagionava il medico accusato di non aver diagnosticato per tempo una gravissima forma tumorale.

Il medico imputato era finito sotto processo per omicidio colposo per aver scambiato un tumore al pancreas per un’ernia iatale, arrivando alla corretta diagnosi solo quando la malattia era ormai in fase troppo avanzata per qualsiasi intervento.

La Cassazione reputa “inspiegabile” la scelta della Corte di Appello di Bari di definire “al di fuori della tipicità penale” il caso in questione.

Secondo la Cassazione nella valutazione della responsabilità del sanitario, sia civile che penale, non può non essere preso in considerazione il mancato prolungamento della vita di settimane o addirittura di anni derivante dall’errore, al di là dell’esito infausto e inevitabile della patologia.

I giudici della Corte d’Appello avevano assolto il medico perché la patologia pancreatica, viste le conoscenze attuali, era a “esito infausto inevitabile” e che solo questa è stata la causa della morte, mentre l’azione del medico non poteva evitarla. Per la Corte d’appello, inoltre, “se una diversa diagnostica, più tempestiva, avrebbe potuto ritardare o meno l’esito infausto resta al di fuori della tipicità penale”.

Per la Cassazione, invece, tale posizione “è errata in punto di diritto – e anche di difficile comprensione”.

In campo oncologico, secondo la Corte,  la diagnosi precoce è un fattore di assoluto rilievo o “per sottoporre il paziente a terapie salvifiche o comunque, come in caso di tumore al pancreas, per apprestare un intervento chirurgico e delle terapie che, sebbene non siano molto probabilmente salvifiche, possano quanto meno comportare un allungamento significativo della vita residua del paziente”.

Di conseguenza, posto che “se la morte deriva da un errore diagnostico la sua causa è sempre la patologia”, non è possibile evitare gli opportuni accertamenti diagnostici “né può essere esclusa la responsabilità del medico che, con il proprio errore diagnostico, lascia il paziente nell’inconsapevolezza di una malattia tumorale dal momento che il ricorso ad altri rimedi terapeutici, o all’intervento chirurgico, avrebbe determinato un allungamento della vita”.

13 novembre 2017

La protesta. Sciopero, prime crepe tra i medici

La protesta. Sciopero, prime crepe tra i medici

Lunedì 13 novembre IL GAZZETTINO 

Spaccatura tra i camici bianchi, gli ospedalieri criticano i colleghi di base: «Troppi 81 giorni, ci rimettono i cittadini». La replica all’assessore Coletto: «Vergognoso l’attacco sullo stipendio. La Regione dovrebbe affrontare i problemi»

VENEZIA – Il muro contro muro fra i medici di famiglia e la Regione rischia di aprire anche una spaccatura fra i camici bianchi. Alla dura protesta indetta dai colleghi di base aderenti a Fimmg, Snami, Smi e Intesa Sindacale e alla forte presa di posizione dell’assessore Luca Coletto, i dirigenti riuniti in Anaao-Assomed guardano da spettatori. Ma con occhi attenti e preoccupati: «Ciascuna delle due parti ha le proprie responsabilità, tuttavia ritengo che un pacchetto di scioperi così consistente sia una risposta esagerata alle problematiche, oltretutto perché mescola motivazioni nobili ad altre che lo sono meno», dice il segretario veneto Adriano Benazzato. I DIRIGENTI. Prima la serrata degli ambulatori, poi la guerra di numeri sull’adesione all’astensione con conseguente denuncia in procura, quindi le polemiche sullo stipendio dei professionisti: al termine di una settimana bollente, il sindacato dei medici dirigenti prova a mettere ordine nella ridda di accuse e contro-accuse. «Ci troviamo in una bruttissima situazione – afferma Benazzato – in cui credo che le colpe possano essere ripartite a metà. Da un lato i colleghi di medicina generale citano formalmente la mancata attuazione del piano sociosanitario ed in particolare delle medicine di gruppo, ma si tratta evidentemente di richieste anche economiche. Dall’altro la Regione è stata molto veloce nella riduzione dei posti letto e dei reparti ospedalieri, generando fra l’altro carichi di lavoro eccessivi sul personale dipendente, però non è stata altrettanto solerte nel fare i dovuti investimenti sul territorio». Risultato? «Un autentico bailamme – risponde il segretario – in cui non condivido la durata dell’agitazione: 81 giorni sono troppi, perché di mezzo ci vanno i cittadini. Per forza poi il problema viene scaricato sui Pronto Soccorso, già messi malissimo a causa dei tagli interni e della mancanza di investimenti sulle strutture intermedie, aumentando il numero dei codici bianchi». Un caos a cui, secondo Anaao-Assomed, si intrecciano interessi diversi: «È giusto sollevare i problemi, ma noto che come nel 2011 e nel 2014, anche questa volta la protesta viene rinfocolata a ridosso delle elezioni degli Ordini provinciali dei medici. Questo è un modo di fare che personalmente stigmatizzo». LA RISPOSTA. In attesa di eventuali riconvocazioni del tavolo regionale, intanto, i sindacati dei medici di famiglia ribadiscono le proprie posizioni in vista della ripresa dello sciopero (13-15 dicembre), rispondendo a tono alle critiche dell’assessore Coletto. «Basta con questa storia delle 15 ore di lavoro alla settimana – dice Salvatore Cauchi, segretario di Snami – perché quelle sono solo il minimo garantito. Ogni giorno restiamo in studio almeno 5 o 6 ore, poi ne dedichiamo altre 2 0 3 alle visite domiciliari per i pazienti acuti e cronici o terminali. Trovo vergognoso anche l’attacco sullo stipendio: dai neanche 4.000 euro che prendiamo al mese, dobbiamo togliere le spese per l’affitto dell’ambulatorio, le bollette, il carburante per andare a casa degli assistiti. Non abbiamo la tredicesima, se ci ammaliamo o andiamo in ferie, dobbiamo pagarci il sostituto». I rappresentanti della categoria respingono anche le accuse sul mancato dialogo con la Regione. «Il blocco delle attivazioni delle medicine di gruppo – sottolinea Ildo Antonio Fania, leader di Intesa Sindacale – non dipende certo dai medici. Quanto all’avvio del fascicolo sanitario elettronico, l’informatizzazione avrebbe dovuto essere a costo zero per noi per noi, invece i 150 euro mensili netti che ci erano stati concessi per pagare carta e toner sono stati azzerati dall’inizio di quest’anno. Ridicola è poi la lamentela sul ricevimento senza appuntamento: a parte che la fissazione dell’orario ci viene chiesta dai pazienti per perdere meno tempo, ma in ogni caso dopo le visite prenotate ci fermiamo per consentire anche il libero accesso». Le organizzazioni sindacali continuano a confidare nell’apertura di uno spiraglio. «Però – aggiunge Liliana Lora, segretaria di Smi – non capiamo perché la Regione cerchi di fare confusione con i numeri dello sciopero e degli emolumenti, invece di affrontare i problemi. Veniamo dipinti come quelli che scioperano per i soldi, quando invece vorremmo solo salvare il sistema sanitario regionale». (Angela Pederiva)

IL GAZZETTINO – Lunedì, 13 novembre 2017